domenica 10 novembre 2013

Chiavi

Ovviamente ho una chiave per la porta di casa.
Una per il portone.
Una per la cantinola.
Una per il garage.
Una per il portoncino che immette nel garage.
E un telecomando per la porta basculante.
E una chiave per il cancello di fuori.
Con un telecomando.
E una chiave per il cancelletto pedonale.
E una per la cassetta delle lettere.
Naturalmente ho una chiave per l'automobile.
Una del bloccasterzo.
E una per il portone dei miei.
Una del cancello del loro cortile.
Con il relativo telecomando.
Le chiavi di casa loro.
E la chiave del portoncino che dà nel cortile.
Un telecomando per la sbarra sotto casa di Massimo.
E anche le chiavi di casa sua per qualsiasi evenienza.
In auto tengo anche il telecomando del cortile di Luciano, per trovare posto quando ci vado.
Un'altra chiave mi serve per il cancello di quello dell'ufficio, dove metto l'auto.
E una per la porta dell'ufficio.
Ho una copia di molte di queste chiavi che conservo in un cassetto con dei bigliettini che servono a farmele riconoscere.
Ho anche un barattolo di vetro pieno di chiavi che non so di cosa sono, ma che non ho il coraggio di buttare via.
L'altro ieri sera sono uscito per andare a prendere Anna a casa di un'amica.
Chiudere la porta di casa e realizzare che avevo lasciato le chiavi sul mobile dell'ingresso è stato un attimo.
L'attimo nel quale ti rendi conto che hai fatto una mossa sbagliata e non puoi più rimediare.
E' quel momento quando capisci che hai detto “filglio di puttana” a uno che lo è davvero, è più grosso di te, e fa parte del Clan dei Casalesi.
E dall'auto non scende da solo, scendono in quattro.
Tornando ad Anna, naturalmente lei non si era portata la borsa con le sue copie.
Dico “naturalmente” perchè quando il Dio delle Cose decide che ti deve fare incazzare, si organizza bene.
Ma tu no.
Hai con te le chiavi della macchina piccola, e vai a casa dei tuoi dove ti sembra di ricordare che una volta, in un accesso di buonsenso, hai lasciato una copia delle chiavi da casa tua perchè non si può mai sapere.
Arrivi a casa loro, ma non hai le chiavi né del portone, né di casa, nè del cancello grande del cortile, nè del portoncino che dà nel palazzo.
Tuo padre alle undici di sera ha la buona abitudine di mettere le cuffie per ascoltare la tv senza svegliare tua madre.
E non sente il citofono.
Ma tu hai il cellulare e alla fine riesci a farti aprire.
Le copia delle chiavi che ricordavi di aver lasciato a casa loro c'è, ma è della vecchia serratura che hai fatto cambiare l'anno scorso.
A questo punto non sei nemmeno più incazzato.
Sei rassegnato.
Anna per fortuna è più lucida di te, e si ricorda che la signora delle pulizie ha una copia delle chiavi, che utilizza per entrare quando non siete in casa.
Ma la signora non risponde al telefono di casa e non è raggiungibile al cellulare.
Però sappiamo dove abita.
Ci andiamo e aspettiamo in auto che torni dalla cena in pizzeria.
E così finalmente possiamo rientrare in casa.

Mi ricordo che in vacanza a Spello in Umbria, ma anche in Lucania, o ad Alberobello, notai che i portoncini dei palazzi avevano un foro, e che da questo a volte fuoriusciva una cordicella.
Mi spiegarono che la persona che usciva, prima di chiudere il portone, infilava nel foro la cordicella che era legata al catenaccio, facendola penzolare al di fuori.
Così non era costretto a portarsi dietro le chiavi.
Semplice no?

G.





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