Oggi ho conosciuto Martina.
Martina è una bambina di sette anni, molto magra, bionda, con gli occhiali e un po’ bruttina.
Le manca un incisivo e un altro sta ricrescendo. E’ arrabbiata perché i cugini più grandi con i quali è venuta al Bosco di Capodimonte non le lasciano il pallone grande per giocare.
Cerco di consolarla offrendole un palloncino pubblicitario che mi hanno dato poco prima, ma lei non si lascia tentare.
La mamma, forse preoccupata che parli con un estraneo seduto alla panchina di un giardino pubblico, il che fa di me un potenziale pedofilo, si avvicina senza smontare dalla fiammante mountain-bike.
E’ bionda, molto bionda, coda di cavallo, pantacollant neri, scarpette Nike e maglietta stretch bianco abbagliante. Mi guarda un attimo, raccomanda alla bambina di non disturbare, e riparte per il suo giro lasciandola sotto l’occhio vigile di sua sorella e dei cugini.
Martina coglie al volo una distrazione di questi e si impadronisce del pallone, mi viene davanti e senza preavviso me lo lancia.
E così cominciamo a giocare.
Tira di sinistro.
E tira anche forte....forse per impressionarmi.
Mi vedo già il quadretto familiare.
La bionda è piuttosto sportiva, molto insoddisfatta, separata, 2 figli, un maschio e la piccola bruttina.
Mollati entrambi alla sorella per avere finalmente qualche momento per se stessa, e che diamine......
Noi intanto abbiamo smesso dopo pochi tiri, il fratello e i cugini hanno reclamato il pallone, allora Martina è andata a frugare in uno zainetto e mi ha mostrato la sua raccolta di miniature di Dragonball, ha fatto un disegno di me e lei che giochiamo al calcio sul suo quaderno a quadretti, e si è persino prodotta in una serie di spericolate operazioni aritmetiche di somma e sottrazione, suscitando la mia ammirazione.
Il tutto sotto lo sguardo vigile ma indifferente della zia, dato che la mamma bionda è troppo occupata ad inanellare giri su giri in bicicletta.
Parliamo ancora un poco e quando mi alzo per andare via e la saluto, la piccola dice – Nooo… e fa il faccino triste e deluso.
Mi inginocchio a parlarle da vicino e le prometto che la prossima domenica tornerò al Bosco e ci rivedremo alla stessa panchina.
Sembra che così vada bene.
Mi alzo e faccio un cenno di saluto alla zia. Dopo tre passi mi sento chiamare per nome.
E’ Martina che mi vuol dare un bacio e ne vuole uno da me, si indica la guancia battendoci il dito.
La donna sorride stolidamente del senso di abbandono e del bisogno disperato di una figura maschile della nipotina.
La mamma troppo bionda è da qualche parte in bici.
Sento forte la nostalgia di Massimo piccolo e ho voglia di abbracciarlo.
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